Si è già parlato in un precedente intervento degli elementi essenziali di un contratto. L’accordo, la causa, l’oggetto (possibile, lecito, determinato o determinabile) e la forma (quando richiesta dalla legge a pena di nullità) sono tutti requisiti che la legge considera imprescindibili perché un contratto non sia affetto dal vizio della nullità.
Con gli elementi essenziali in un contratto posso coesistere, sempre (per quanto sopra) in aggiunta, mai in sostituzione, quelli che vengono definiti “elementi accidentali”. Essi sono la condizione, il termine ed il modo. La loro mancanza, a differenza dei primi, non inficia in alcun modo la validità del vincolo contrattuale.
Ai sensi dell’art. 1353 cod. civ. <<Le parti possono subordinare l’efficaciao la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto>>.
Detto in altri termini, la condizione è un avvenimento futuro e incerto dal cui verificarsi i contraenti fanno dipendere l’efficacia di un contratto o la cessazione dei suoi effetti.
L’avvenimento condizionante deve essere futuro, ossia non ancora verificatosi ed incerto, vale a dire deve trattarsi di un avvenimento per il quale sia obiettivamente impossibile prevedere con certezza il suo avverarsi.
Stando alle definizione codicistica la condizione può essere di due tipi: sospensiva e risolutiva.
Con la prima le parti subordinano il dispiegarsi degli effetti del contratto all’avverarsi di un avvenimento futuro e incerto. Con la seconda gli effetti si producono immediatamente ma vengono meno all’avverarsi di un avvenimento incerto e futuro.
Ad esempio, Tizio promette di acquistare da Caio un immobile a condizione di ricevere dalla banca l’erogazione del mutuo. Il contratto preliminare di compravendita non produce effetti fino a quanto (e se) il mutuo non viene erogato se la condizione è stata qualificata come sospensiva, oppure produce gli effetti ma questi vengono meno al momento del diniego della banca, se la condizione è stata qualificata come risolutiva.
Attenzione. Una condizione sospensiva che facesse dipendere il suo avverarsi dalla volontà di una delle parti è considerata nulla dal nostro legislatore. Questo tipo di condizione prende il nome di meramente potestativa ed è disciplinata dall’art 1355 cod. civ.: <<E’ nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore”.
Giova sottolineare che la norma in questione è riferita alla sola condizione sospensiva. E’, infatti, pienamente efficace la condizione meramente potestativa risolutiva, che, in definitiva, si traduce nel diritto di recesso a favore di una parte.
Resta inteso che in pendenza della condizione le parti devono comportarsi secondo buona fede, evitando dunque di porre in essere condotte lesive degli interessi del contraente che abbia una legittima aspettativa al verificarsi della condizione.
Il termine
Quando si parla di temine quale elemento accidentale in un contratto ci si riferisce al cd. termine di efficacia del contratto. Esso non deve essere confuso con il termine di adempimento, che indica semplicemente il momento in cui devono essere eseguite le prestazioni (ad esempio il pagamento del canone di locazione il 5 di ogni mese).
Il termine di efficacia viceversa indica un avvenimento futuro e certo dal quale le parti fanno dipendere gli effetti del contratto.
A differenza della condizione l’avvenimento è certo.
Il termine può essere iniziale (o sospensivo) se indica il momento dal quale si produrranno gli effetti del contratto. Può anche essere finale (o risolutivo) se fa venir meno gli effetti già prodottisi.
Il termine finale può essere apposto esclusivamente ai contratti a effetti obbligatori, dai quali derivano esclusivamente obblighi a carico dei contraenti.
Per i contratti a effetti reali, quelli in cui, per effetto del solo consenso, si opera il trasferimento della proprietà di un bene, il trasferimento o la costituzione di un dritto reale su un bene o il trasferimento di altro diritto, non sarà possibile apporre un termine finale.
E così il termine finale può essere previsto per un contratto preliminare di compravendita, che, producendo effetti obbligatori, non trasferisce la proprietà del bene ma fa nascere l’obbligo di trasferirla. Non potrà viceversa essere apposto alla compravendita, in quanto contratto ed effetti reali.
Quanto il temine è indeterminato o indeterminabile o ancora è contrario a norme imperative, l’intero contratto è nullo.
Il contratto è parimenti nullo quando viene apposto un termine iniziale impossibile. Al contrario, se il termine impossibile è un termine finale, il contratto resta valido ma il termine si ha per non apposto.
Il modo
In conclusione di questa breve rassegna degli elementi accessori, parliamo del modo (o onere).
Il modo si differenza dalla condizione e dal termine in quanto può essere apposto soltanto ai negozi a titolo gratuito (es.: legato; comodato; donazione) e consiste in una clausola che comporta un determinato obbligo a carico del beneficiario della prestazione.
Per rimanere in ambito contrattuale, prendiamo l’esempio del comodato, contratto mediante il quale una parte (comodante) consegna ad un’altra (comodatario) una cosa mobile o un immobile affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato con l’ obbligo di restituire la medesima cosa ricevuta. E così Tizio concede a Caio la villa X in comodato, a condizione che Caio periodicamente poti gli alberi del giardino. L’obbligo di potare gli alberi non costituisce un corrispettivo per il godimento del bene, giacché il contratto è gratuito (se prevedesse un corrispettivo si qualificherebbe come locazione). Tale obbligo assume la qualifica di onere a carico del comodatario.
Se il comodatario non adempie l’obbligo sotteso alla condizione modale (l’obbligo della potatura degli alberi del giardino della villa) il contratto si risolve anche prima della sua scadenza, solo naturalmente se tale obbligo costituiva l’unico motivo giustificativo della concessione della villa in comodato.