Gli elementi essenziali del contratto

I requisiti di un contratto: elementi essenziali

Gli elementi essenziali del contratto

<<Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere fra loro un rapporto giuridico patrimoniale>>.  Così recita l’art. 1321 del codice civile.
Dalla definizione generale fornita dal codice si intuisce agevolmente quante possano essere le tipologie contrattuali che regolamentano la vita di tutti i giorni.  Ogni contratto avrà dunque sue caratteristiche proprie plasmate alle esigenze concrete che, tramite il vincolo contrattuale, le parti intendono perseguire.  
Allo stesso tempo ve ne sono alcune, dette elementi essenziali del contratto, che in nessuno schema contrattuale possono mancare, pena la stessa validità del contratto.    
Di seguito una rapida rassegna degli elementi essenziali del contratto

Elementi essenziali ed elementi accidentali 

Gli elementi essenziali, comuni a tutti i contratti, sono l’accordo, la causa, l’oggetto e la forma quando è prevista dalla legge a pena di nullità (art. 1325 cod. civ.).
E proprio quello della nullità è il vizio che colpisce il contratto sprovvisto anche solo di uno di tali elementi, secondo il richiamo operato dall’art. 1418 cod. civ.: << […] Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 […]>>
Un contratto nullo non solo non produce effetti ma, per la legge, è come se non fosse mai venuto ad esistenza.
Gli elementi accidentali (ad esempio: la condizione, il termine), viceversa, sono quelli la cui mancanza non incide in alcun modo sulla validità dell’accordo.
Focalizziamo l’attenzione sugli elementi essenziali.

L’accordo

Il primo elemento menzionato dalla legge è l’accordo. Per evidenti ragioni e per la stessa definizione datane, perché un contratto venga alla luce è necessario che sussistano due o più concordi manifestazioni di volontà. Le parti, in parole povere, con l’accordo manifestano il loro consenso al fine di costituire, modificare od estinguere un rapporto giuridico di natura patrimoniale.
Non sempre tale manifestazione di volontà può rivelarsi lineare. Si pensi alle ipotesi in cui i contraenti, in maniera atecnica, si “scambiano due righe” per stabilire determinati patti in ordine ad una particolare questione. In tali evenienze, stante la scarsa dimestichezza delle parti col linguaggio giuridico, la veste contrattuale dell’accordo può non essere di immediata percezione.    
In soccorso, intervengono allora le regole interpretative, in ragione delle quali occorre indagare (normalmente attività rimessa al giudice chiamato a dirimere eventuali problematiche sorte tra le parti) la comune intenzione della parti, desumibile dal loro complessivo comportamento, andando oltre il significato delle parole, spesso utilizzate in maniera non ortodossa rispetto al corretto linguaggio giuridico (art. 1362 cod.civ.).
Per mezzo della suddetta attività ermeneutica si dovrà naturalmente valutare il momento in cui il contratto, o le pattuizioni assunte, sia venuto ad esistenza. L’interprete dovrà in primo luogo verificare se siano stati rispettati o meno i passaggi che danno vita al raggiungimento dell’accordo. 
Un contratto si forma infatti mediante lo scambio di una proposta proveniente da una parte e dell’accettazione da parte di colui al quale la proposta è rivolta. In particolare, secondo quanto stabilisce l’art. 1326 cod. civ., <<Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte>>.
Sfuggono a questo schema generale le ipotesi in cui il contratto necessità della forma scritta a pena di nullità (si pensi alla compravendita immobiliare) o anche quando si perfezioni per fatti concludenti (art. 1327 cod. civ): <su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione>>

La causa

La causa può definirsi come l’interesse economico che andrà ad essere soddisfatto dall’operazione contrattuale.
Per usare le parole della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 4921/1980) la causa altro non sarebbe in definitiva che lo “scopo tipico che le parti si propongono di conseguire” risolvendosi nella “ragione ultima della loro determinazione volitiva”.
La causa sarebbe in altri termini la ragione che giustifica l’accordo contrattuale. Attenzione però a non confondere la causa coi motivi che ciascun contraente può perseguire. Questi, se non espressamente contenuti in una condizione o altra pattuizione, sono del tutto irrilevanti

L’oggetto

L’oggetto è il diritto, reale o di credito,  che, tramite il contratto, viene trasferito da un contraente all’altro o anche la prestazione che ciascuna parte si obbliga a porre in essere nei confronti dell’altra.
Ai sensi dell’art. 1346 cod. civ. l’oggetto deve essere possibile, lecito, determinato e determinabile. 
L’oggetto è possibile se concretamente attuabile secondo, per l’appunto, le possibilità delle parti. Sarebbe impossibile, ad esempio, contrattare tra privati un bene demaniale, ancorché nella disponibilità possessoria di una di esse, in quanto bene inalienabile per legge. 
L’oggetto lecito è lecito se non si pone in contrasto con le norme imperative, l’ordine pubblico o col buon costume.
L’oggetto, infine, è determinato o determinabile quando la sua individuazione è ben chiara alle parti al momento della conclusione dell’accordo contrattuale.

La forma

In termini generali nel nostro ordinamento sussiste il principio della liberà di forma. Tuttavia, per alcuni contratti il requisito della forma diviene essenziale quando la forma è prevista ad substantiam (per garantire a stessa validità del contratto) o ad probationem (per agevolarne la dimostrazione in giudizio).
Nella prima categoria rientrano i contratti che per legge, onde non incorrere nel vizio della nullità, devono essere stipulati per atto pubblico o per scrittura privata: si pensi, ad esempio, ai contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili od a quelli che costituiscono, modificano o trasferiscono diritti reali su beni immobili.
Per i contratti rientranti nella seconda categoria la forma scritta non è richiesta ai fini della loro validità ma per garantirne la loro dimostrazione in sede probatoria (art. 2725, 1° comma, cod. civ.). Ove non redatti per iscritto saranno ugualmente validi ma sarà estremamente difficoltoso darne prova per via delle limitazioni in tal senso poste dalla legge.

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