La Separazione Consensuale

Non sempre e, aggiungiamo, fortunatamente, il vincolo matrimoniale si scioglie in maniera traumatica.

Infatti, sia per motivi legati alla particolare predisposizione caratteriale dei coniugi, sia per motivi derivanti da una buona ed equilibrata trattativa portata avanti dai rispettivi legali (o dall’unico per entrambi), accade con sempre crescente frequenza che una coppia opti per la cd. separazione consensuale, evitando così una lunga ed estenuante lite davanti al Tribunale.

Con la preziosa collaborazione dell’avv. Barbara Baldussu, specializzata in diritto di famiglia, di seguito una breve disamina dell’istituto in parola.

INDICE

1. Separazione consensuale: definizione.

2. La normativa di riferimento

3. La documentazione necessaria

4. Il procedimento ed il contenuto dell’accordo

5. La negoziazione assistita

6. La separazione consensuale in Comune

7. In conclusione

1. Separazione consensuale: definizione

La separazione tra coniugi può essere di due tipi: giudiziale e consensuale.  La prima, come si ricava dalla definizione stessa, consiste in un procedimento giudiziale che vede le due parti in forte contrapposizione portare avanti una lite finalizzata allo scioglimento del vincolo matrimoniale.

La separazione consensuale, viceversa, è quell’istituto giuridico il cui scopo è quello di consentire ai coniugi di “lasciarsi d’amore e d’accordo” attraverso un iter rapido rispetto all’alternativa giudiziale. 

Oggetto della separazione è la regolamentazione degli aspetti relativi alla genitorialità, al collocamento della prole, a quelli patrimoniali (ad esempio, l’utilizzo della casa coniugale, la divisione e/o gestione del patrimonio), al mantenimento del coniuge e dei figli, ove ve ne siano, nonché alle modalità di visita e condivisione del tempo con i propri figli.

Le modalità attraverso le quali si perviene alla separazione consensuale sono le seguenti: 

  • Ricorso presentato congiuntamente presso la cancelleria del Tribunale competente dai coniugi, assistiti necessariamente da un avvocato per entrambi o un avvocato per parte. Il procedimento si definisce con il decreto di omologa del Tribunale.
  • Separazione giudiziale (con deposito del ricorso di un coniuge e di una memoria di costituzione dell’altro coniuge) successivamente convertita in consensuale nel corso della prima udienza presidenziale.
  • Negoziazione assistita di cui alla Legge n. 162/2014, con la necessaria assistenza di un avvocato per ciascun coniuge.
  • Procedimento davanti al competente Ufficio Comunale dello Stato Civile, possibile soltanto laddove dalla coppia non siano nati figli e dalla separazione non conseguano attribuzioni patrimoniali. Soltanto in questo caso è possibile separarsi senza l’assistenza di un avvocato.

Va da sé che, in assenza di conflitto, la durata del procedimento è circoscritta al periodo occorrente al raggiungimento di un accordo, evidentemente più breve rispetto alla durata di un processo tipico della separazione giudiziale. 

Decorsi sei mesi dal deposito dell’accordo consensuale conseguente al ricorso o raggiunto tramite la negoziazione assistita, sarà possibile richiedere il divorzio per ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Importante  è anche sapere che la riconciliazione dopo la separazione è sempre possibile. In tal caso sarà sufficiente presentare una dichiarazione espressa da annotare a margine dell’atto di matrimonio ovvero, in alternativa, procedere mediante un comportamento concludente incompatibile con lo stato di separazione.

2. La normativa di riferimento

La separazione consensuale è disciplinata dall’art. 158 del codice civile quanto agli aspetti sostanziali dell’istituto e dall’art. 711 del codice di procedura civile quanto a quelli meramente procedurali.

L’art. 158 c.c. stabilisce al primo comma che l’accordo dei coniugi deve essere omologato dal tribunale per produrre i suoi effetti modificativi sullo status dei coniugi. Il secondo comma invece si occupa di tutelare l’interesse dei figli in relazione all’accordo stesso, prevedendo che, ove gli accordi sul mantenimento e sull’affidamento dei figli siano contrasto con gli interessi di questi ultimi, il giudice riconvochi i coniugi per indicare le condizioni compatibili con l’interesse dei figli. Se i coniugi non si adeguano, il giudice può rifiutare l’omologazione.

L’art. 711 c.p.c. disciplina l’iter procedimentale che sfocia col provvedimento di omologa. 

3. La documentazione necessaria.

Al ricorso, in doppia copia, firmato da entrambi i coniugi, devono essere allegati i seguenti documenti:

  • certificato di residenza dei coniugi e certificato di stato di famiglia in carta libera, uso separazione (sono esenti da imposta di bollo);
  • estratto autentico dell’atto di matrimonio, rilasciato dal Comune dove i coniugi hanno contratto matrimonio;
  • la copia delle ultime tre annualità della dichiarazione dei redditi di entrambi i coniugi, nel caso in cui la coppia abbia dei figli minori. Le dichiarazioni dei redditi sono necessarie al fine di consentire al Tribunale di valutare gli accordi in ordine al mantenimento della prole;
  • Contributo unificato di Euro 43,00 e nota di iscrizione a ruolo del ricorso;
  • modello Istat compilato;
  • copia della carta di identità dei coniugi;
  • ogni altro documenti che si consideri utile allo scopo di provare il contenuto dell’accordo.

4. Il procedimento ed il contenuto dell’accordo

Il procedimento per conseguire l’omologa della separazione consensuale è disciplinato, come anticipato, dall’art. 711 c.p.c. e si introduce con un ricorso presentato al Tribunale e sottoscritto da entrambi i coniugi o anche da uno solo degli stessi.

L’iter procedimentale si snoda in due distinte fasi: la prima è detta fase presidenziale, perché si svolge dinanzi al Presidente del Tribunale; la seconda è detta fase collegiale, perché ha luogo davanti al collegio del Tribunale.

Dopo la presentazione del ricorso, il Presidente del Tribunale fissa con decreto in calce al ricorso la data per la comparizione personale dei coniugi davanti a sé. Se il ricorso è stato presentato da uno solo dei coniugi (ipotesi residuale ma sempre possibile), è necessario che quest’ultimo provveda a notificare all’altro coniuge il decreto di fissazione dell’udienza unitamente al ricorso.

I coniugi devono comparire personalmente all’udienza fissata dinanzi al Presidente del Tribunale, per il tentativo di conciliazione. La conciliazione promossa dal Presidente del Tribunale è disciplinata dall’art. 708 c.p.c. Il Presidente deve interrogare i coniugi, separatamente e congiuntamente, per verificare le ragioni del contrasto e se esistono i presupposti per la riconciliazione. Ove questa non riesca, viene redatto verbale negativo e vengono raccolti a verbale gli accordi sulla separazione, sul mantenimento e sull’affidamento dei figli.

Una volta conclusa la prima fase, si apre la fase collegiale, finalizzata alla verifica della conformità dell’accordo al superiore interesse della prole. II procedimento si conclude con un decreto di omologazione della separazione consensuale.

Il decreto di omologazione, oltre a costituire il presupposto indispensabile per la modifica dello status dei coniugi, acquista anche efficacia di titolo esecutivo. Nel caso, infatti, in cui uno dei due coniugi non dovesse ottemperare agli accordi trasfusi nel ricorso ed omologati dal Tribunale, l’altro coniuge può direttamente notificare un atto di precetto per intimare l’esecuzione dell’accordo, e promuovere azione esecutiva contro il coniuge inadempiente.

La separazione consensuale deve regolamentare gli accordi dei coniugi in relazione alla ripartizione dei loro doveri morali e materiali nei confronti dei figli. 

Per quanto concerne l’affidamento, di norma i figli restano affidati ad entrambi i genitori, secondo tempi e modalità disciplinati dall’accordo consensuale. Infatti, il regime di affidamento condiviso non implica automaticamente l’uguale permanenza dei figli presso entrambi i genitori, ben potendo i coniugi individuare una prevalenza nel collocamento del minore presso l’abitazione di uno dei due genitori. Le decisioni più importanti per la vita dei figli (le scelte di istruzione, quelle sulla salute, o sulla residenza del minore etc.) devono essere normalmente assunte di comune accordo dai genitori, avendo come criterio prioritario la realizzazione del figlio secondo le sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni. Le questioni di ordinaria amministrazione invece possono essere esercitate separatamente dai genitori, in base anche ai tempi di permanenza del figlio presso ciascuno.

L’affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori rappresenta, invece,  l’eccezione, ammessa dalla legge (art. 337quater c.c.) soltanto quando l’affidamento all’altro genitore sia contrario all’interesse del minore.

Il ricorso per separazione consensuale dovrà inoltre contenere gli accordi dei coniugi in ordine al mantenimento economico dei figli. A tale fine la disciplina di riferimento è contenuta al comma quarto dell’art. 337 ter c.c.

I coniugi possono liberamente accordarsi a tal proposito, fermo restando che la regola generale implica che ciascun coniuge debba provvedervi in  proporzione al proprio reddito, tenendo come riferimento i seguenti parametri tassativamente elencati dalla norma in esame:

  • le attuali esigenze del figlio;
  • il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
  • i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
  • le risorse economiche di entrambi i genitori;
  • la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Il collocamento paritario dei figli presso ciascuno dei genitori non esclude l’obbligo, per il genitore le cui risorse economiche siano superiori, di corrispondere all’altro un contributo economico per il mantenimento. La finalità del mantenimento infatti risiede nel consentire ai figli di godere del medesimo tenore di vita del quale godevano in costanza di matrimonio e di vedere assicurati i loro bisogni e le loro esigenze di vita. L’obbligo di mantenimento permane anche per i figli maggiorenni che non siano autosufficienti (art. 337 septies c.c.), purché gli stessi non si sottraggano volontariamente allo svolgimento di un’attività lavorativa compatibile con le professionalità acquisite.

Sul piano patrimoniale, la separazione comporta lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi.

I coniugi eventualmente comproprietari della casa coniugale dovranno pertanto stabilire nella separazione consensuale a quale dei due spetti il diritto di abitare la casa coniugale.

La regola generale è fissata dall’art. 337 sexies c.c.: <<Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli>>.

E se non vi sono figli? In tal caso, se la casa è di proprietà di uno solo dei coniugi, questi rimarrà nel suo godimento; nel caso, invece, di comproprietà, i coniugi dovranno stabilire l’attribuzione del godimento della casa nell’ambito della regolazione complessiva dei loro rapporti patrimoniali.

Da evidenziare che, ottenuta la separazione, ove col passare del tempo le condizioni dei coniugi (economiche o personali) dovessero mutare in modo significativo o subentrassero nuove esigenze dei figli, è sempre possibile modificare le pattuizioni precedentemente espresse e già cristallizzate nell’accordo di separazione consensuale.

Per concludere sul punto un accenno ai tempi per ottenere la separazione consensuale, molto  più rapidi rispetto a quelli propri del procedimento di separazione giudiziale. Segnatamente, la durata media di un procedimento di separazione consensuale, secondo i dati Istat, varia in base al carico di lavoro del Tribunale competente, da un minimo di due/tre mesi ad un massimo circa duecento giorni.

5. La negoziazione assistita

Una forma più rapida ed alternativa a quella sino ad ora esaminata è data dalla cd. negoziazione assistita, istituto introdotto, in ottica deflattiva del carico dei ruoli dei Tribunali italiani, dall’art. 6 del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132.

La negoziazione assistita, esperibile solo per le separazioni consensuali, si risolve in una procedura che si conclude con un accordo di separazione, che i coniugi raggiungono con l’assistenza di un avvocato.

L’accordo così raggiunto sarà trasmesso dal difensore o dai difensori dei coniugi all’ufficiale di stato civile e produrrà i medesimi effetti del provvedimento giurisdizionale di omologa della separazione consensuale.

In presenza di figli minori o di figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, è necessario che l’accordo venga trasmesso al Pubblico Ministero, per il rilascio del relativo nulla osta.

6. La separazione consensuale in Comune

Ove dalla coppia non siano nati figli o questi siano economicamente autosufficienti e, a condizione che dall’accordo di separazione non derivino trasferimenti patrimoniali, è possibile procedere alla separazione anche senza l’assistenza del legale davanti all’ufficiale dello stato civile.

In tale ipotesi, evidentemente la più conveniente in assoluto in termini di minori costi e di celerità, ai coniugi sarà sufficiente recarsi presso l’ufficio di stato civile del Comune di residenza oppure in quello dove è stato contratto il matrimonio. Il costo per la domanda ascende ad Euro 16,00.

Una doverosa precisazione. Sebbene l’art. 12 del DL 132/2014 istitutivo abbia previsto l’accordo non possa contenere <<patti di trasferimento patrimoniale>>, si è successivamente ritenuto (cfr. circolare ministeriale n. 6/2015) che da tali patti fossero comunque esclusi quelli aventi ad oggetto “un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico (c.d. assegno di mantenimento) (…)

7. In conclusione

Concludendo questa breve disamina dell’istituto della separazione consensuale, non si può fare a meno di salutare con entusiasmo l’utilizzo, sempre più crescente, delle forme conciliative di separazione, incrementate, da ultimo, dall’introduzione degli istituti deflattivi sopra esaminati. Insomma, anche se non ci si chiama Francesco Totti e Ilary Blasi e tra i litiganti non “ballano” milioni di euro di patrimonio, un accordo conciliativo rimane sempre la migliore soluzione: “ci eravamo tanto amati ma ancora ci vogliamo bene e ci rispettiamo!” 

Avv. Stefano Manso

Avv. Barbara Baldussu