Il Tribunale di Venezia, ripetendosi (cfr. ns. precedente articolo), conferma l’orientamento di tutte le corti italiane in materia di sfratto per morosità nell’ambito delle locazioni commerciali: per le ipotesi in cui il conduttore abbia subito il mancato godimento (o la grave compromissione del godimento) dell’immobile locato in dipendenza delle restrizioni imposte durante il periodo emergenziale, avrà diritto di recedere dal contratto o, alternativamente, ad una riduzione del canone locatizio.
Il caso trattato dalla corte lagunare verteva su un rent to buy (letteralmente: affittare per comprare), vale a dire quel contratto atipico di derivazione anglosassone, che prevede che il futuro acquirente di un bene ne prenda immediato possesso, corrispondendo i canoni a valere quale acconto sul prezzo pattuito per l’ipotesi in cui decidesse, in un secondo momento, di procedere all’acquisto.
Segnatamente, il contratto in questione aveva ad oggetto una serie di unità immobiliari destinate ad attività turistico-ricettiva nel territorio veneziano.
In seguito ai noti eventi che, nella scorsa primavera, hanno portato alla sospensione (anche) di tale tipo di attività, la società conduttrice si è trovata nella temporanea impossibilità di far fronte al pagamento dei canoni.
Da tale inadempimento è derivata la domanda di sfratto per morosità nei confronti della conduttrice.
Ebbene, il Tribunale di Venezia, con l’ordinanza del 30.09.2020, depositata il 02.10.2020, non ha convalidato lo sfratto intimato ritenendo che, a causa delle restrizioni imposte dalla normativa sanitaria in vigore, la società intimata non fosse stata posta in grado di godere, se non in misura ridotta, dei beni oggetto del contratto, e ciò stante la loro destinazione turistico-ricettiva.
Per l’effetto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1464 cod. civ., è stato riconosciuto a favore della conduttrice il diritto di esercitare il recesso dal contratto e/o domandare la riduzione della propria prestazione (id est: del canone), opzione, questa, prescelta dalla società conduttrice, evidentemente interessata alla prosecuzione nel rapporto.
E’ stata inoltre censurata la condotta della società locatrice, per avere notificato l’atto di intimazione in pieno periodo emergenziale.
V’è da dire che il provvedimento in questione, pienamente condivisibile sotto l’ìaspetto della necessità di riequilibrio del sinallagma contrattuale, si pone in linea con il pensiero ormai dominante della giurisprudenza italiana.
In proposito, si segnala che il Tribunale di Cagliari ha avuto modo di prendere posizione sulla questione, dettando le linee guida in materia e prevedendo che si possa riconoscere in via generale la riduzione del canone in misura pari al 50%, misura ascritta al valore dell’incidenza dell’impossibilità di prosecuzione nel periodo di restrizioni normative dell’attività commerciale esercitata nell’immobile locato sul complessivo assetto di interessi traente fonte dal contratto di locazione. In tale valutazione si è anche tenuto conto, d’altro canto, del fatto che il conduttore abbia comunque continuato a disporre materialmente dell’immobile, mantenendovi la propria struttura e i propri beni aziendali.
Tale misura di riduzione si basa naturalmente su stime di carattere presuntivo, così da poter essere aumentata di un ulteriore 10/20% al massimo, o ridotta in egual misura, in ragione delle specifiche allegazioni e prove fornite dalle parti, tali da giustificare il riequilibrio dell’assetto negoziale nei predetti ulteriori termini.
Questo è lo stato dell’arte.
L’attuale recrudescenza della curva pandemica sta portando – come è noto – a provvedimenti via, via, più restrittivi, sino a pvantare in un futuro sempre più prossimo il medesimo fosco scenario vissuto durante quasi tutto il primo semestre di questo nefasto anno.
C’è dunque da ipotizzare che, nei mesi a venire, le corti italiane ritorneranno ripetutamente sull’argomento.
Stefano Manso