Affittuario non paga l'affitto del locale: cosa fare

LOCAZIONE AD USO DIVERSO DA QUELLO ABITATIVO: Inadempimento del conduttore alla luce del fenomeno pandemico

Cosa fare se l’affittuario non paga?

L’investimento nel “mattone” rappresenta tradizionalmente un rifugio sicuro per il risparmiatore italiano.
Non infrequentemente, dunque, i pochi o molti risparmi disponibili vengono investiti per l’acquisto di beni immobili, anche commerciali, da affittare (capita sovente che le rate di mutuo per l’acquisto vengano coperte proprio dai canoni di locazione percepiti).
Ebbene, come in ogni rapporto contrattuale, ancor più se a carattere continuativo, possono verificarsi circostanze che concretizzano un inadempimento. Nello specifico, il ritardo o l’omissione nel pagamento dei canoni di locazione da parte del conduttore.
Vediamo quindi quali rimedi la legge appronta in caso di morosità nell’ambito delle locazioni ad uso diverso dall’abitativo, con particolare riguardo alle peculiarità eventualmente necessitate dalla contingenza pandemica in corso.

Premessa: riferimento normativo

Come recita l’art. 1571 cod. civ. la locazione è il “contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.”
Dalla sola definizione si deduce dunque quale sia l’ampia applicazione pratica del contratto in questione nella vita quotidiana.
Concentriamoci in questa sede sulle locazioni di beni immobili ad uso diverso dall’abitativo o, secondo la terminologia maggiormente in uso, immobili commerciali. .
In disparte gli aspetti generali trattati dal codice civile, la legge speciale di riferimento per tale tipologia di contratto è sempre la L. n. 392/1978 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), la cd. Legge sull’equo canone.
La normativa in questione pone in particolar modo delle regole chiare in ordine alla durata (il così detto “sei più sei”); alla facoltà di recesso; ai meccanismi di rinnovo (o di diniego di rinnovo) alla naturale scadenza di sei anni; al diritto di prelazione a favore del conduttore in caso di vendita dell’immobile a terzi; del diritto, sempre a favore del conduttore, all’indennità per la perdita di avviamento in ipotesi di attività esercitata a contatto diretto col pubblico.

Morosità dell’inquilino

Questi dunque per sommi capi gli aspetti salienti regolamentati dalla L. 392/1978.
Vediamo ora cosa si intende per morosità e quando, secondo le legge, l’inquilino può essere definito moroso.
La morosità è la situazione di ritardo nel pagamento di un debito. Nel caso che ci occupa, il debito è quello di natura pecuniaria relativo al canone di locazione, cui il conduttore (inquilino) è obbligato nei confronti del locatore (proprietario) a titolo di corrispettivo per il godimento del bene immobile.
La morosità si concretizza in un inadempimento, quando la prestazione (il pagamento dell’affitto) non viene effettuata alla scadenza convenuta (per prassi entro il giorno 5 di ciascun mese).
Nel diritto italiano, allorché si verifica un inadempimento, è possibile domandare giudizialmente la risoluzione del contratto, a condizione che l’inadempimento sia di non scarsa importanza (art. 1455 cod. civ.).  
Spesso, nella pratica, è difficile stabilire per il giudice il grado di importanza dell’inadempimento, non essendo contemplato per le locazioni commerciali il meccanismo di determinazione automatica, viceversa, previsto dall’art. 5 L 392-1978 per le sole locazioni ad uso abitativo: << […] il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista […] costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile.>>
Nelle locazioni ad uso diverso dall’abitativo, nel silenzio della legge, la valutazione sull’inadempimento rimessa al giudice varia caso per caso. Tendenzialmente, i tribunali considerano l’inadempimento di non scarsa importanza quello in cui la morosità si protrae per almeno due mesi di ritardo nel pagamento del canone. 

Cosa fare se l’inquilino è moroso

Trascorso un periodo di circa due mesi di ritardo nel pagamento dell’affitto, è opportuno che il proprietario del locale commerciale si attivi tramite un legale per agire giudizialmente per ottenere lo sfratto per morosità e, eventualmente, l’ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti.
Prima di procedere giudizialmente, spesso si tenta la composizione bonaria della vertenza  mediante l’invio della lettere di messa in mora, vale a dire una formale diffida, inoltrata a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, con la quale al conduttore dell’immobile viene intimato il pagamento entro un termine prestabilito, trascorso infruttuosamente il quale, lo si informa che si agirà in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto di locazione, il successivo rilascio e, contestualmente, il decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni arretrati

La procedura di sfratto

Per ottenere lo sfratto dell’inquilino moroso, occorre rivolgersi al giudice competente, vale a dire il Tribunale del luogo dove si trova l’immobile oggetto della locazione.
Questa procedura riveste i caratteri dell’urgenza e può avere tre diversi esiti:
1) se l’inquilino non compare all’udienza indicata o, seppure comparendo, non si oppone, il Tribunale procederà senza dubbio con la convalida lo sfratto con ordinanza esecutiva (art. 663 c.p.c.), previa attestazione resa a verbale dal legale del locatore circa la persistenza della situazione di morosità.
2) se il conduttore compare ed oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il Tribunale, dietro istanza del locatore, “pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto” (art. 665 c.p.c.). Il processo prosegue nel merito, previo mutamento del rito da ordinario a speciale (art. 667 c.p.c.);
3) se, viceversa, le eccezioni del conduttore sono fondate su prova scritta, il giudice non emetterà l’ordinanza di rilascio e il procedimento proseguirà nel merito col rito ordinario.
L’ordinanza di convalida determina, sul piano sostanziale, la risoluzione del contratto di locazione e su quello processuale, costituisce titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile.
Limitatamente alle ipotesi di sfratto per morosità la legge prevede anche la possibilità per il locatore di accompagnare la domanda di convalida dello sfratto a quelle di emissione di ingiunzione per il pagamento dei canoni scaduti ed a scadere, sino al completamento del rilascio

Morosità dell’inquilino, pandemia e normativa emergenziale

Sin qui la normativa generale e, per sommi capi, la procedura di convalida.
Valutiamo a questo punto se siano intervenute o meno modifiche normative per effetto delle stringenti necessità legate alla particolare situazione sanitaria di quest’ultimo anno, situazione che ha inevitabilmente prodotto effetti devastanti anche sul piano economico.  
Una novità è stata introdotta dall’art. 91, 1° comma, DL 18/2020, che ha stabilito che  il rispetto delle misure di contenimento è valutata ai fini dell’esclusione – ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c. – della responsabilità del debitore.
Questo sta a significare che le disposizioni normative di carattere emergenziale che hanno portato allo stop od al rallentamento forzato di molte attività commerciali verranno prese in considerazione dai giudici per valutare l’esclusione di responsabilità per l’inadempimento dell’obbligazione di pagamento del canone.
Col DL 34/2020 (convertito in L. 77/2020) è stato anche previsto il cd. Bonus Affitti, provvedimento in forza del quale imprese e professionisti hanno potuto convertire parte del canone già corrisposto per gli affitti dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 in credito d’imposta. Lo sgravio è stato determinato nella misura del 60% del canone versato per gli immobili ad uso diverso dall’abitativo.
Da ultimo l’Agenzia delle Entrate ha stabilito il diritto al bonus anche se i canoni di locazione vengono corrisposti nel 2021. E’ stato anche confermata che l’agevolazione si estende alle ipotesi in cui il conduttore abbia sublocato l’immobile.
Sul piano operativo, col cd. Decreto Milleproproghe di fine anno è stato infine disposto che  <<La sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili anche ad uso non abitativo è prorogata fino al 30 giugno 2021 ma limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all’adozione del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari>>.
Pertanto, anche per le ipotesi in cui il Tribunale si determinasse alla convalida dello sfratto, la successiva fase di rilascio sarebbe sospesa sino al 30.6.2021 (la precedente scadenza era stata fissata per il 31.12.2020.)

La giurisprudenza ai tempi del Covid

L’interesse degli operatori si è naturalmente spostato sulla giurisprudenza che si sta formando in ordine alle problematiche legate all’inadempimento del contratto di locazione ad uso diverso in qualche modo derivante dalle chiusure totali o parziali delle attività commerciali.  
Sono numerose le decisioni rese a favore degli inquilini. Il Tribunale di Venezia, di Catania, di Bologna, di Milano, da ultimo il Tribunale di La Spezia, tra gli altri, hanno stabilito che per le ipotesi in cui il conduttore abbia subito il mancato godimento (o la grave compromissione del godimento) dell’immobile locato in dipendenza delle restrizioni imposte durante il periodo emergenziale, avrà diritto di recedere dal contratto o, alternativamente, ad una riduzione del canone locatizio.
In proposito, si segnala che il Tribunale di Cagliari ha avuto modo di prendere posizione sulla questione, dettando le linee guida in materia e prevedendo che si possa riconoscere in via generale la riduzione del canone in misura pari al 50%, misura ascritta al valore dell’incidenza dell’impossibilità di prosecuzione nel periodo di restrizioni normative dell’attività commerciale esercitata nell’immobile locato sul complessivo assetto di interessi traente fonte dal contratto di locazione. In tale valutazione si è anche tenuto conto, d’altro canto, del fatto che il conduttore abbia comunque continuato a disporre materialmente dell’immobile, mantenendovi la propria struttura e i propri beni aziendali.
Tale misura di riduzione si basa naturalmente su stime di carattere presuntivo, così da poter essere aumentata di un ulteriore 10/20% al massimo, o ridotta in egual misura, in ragione delle specifiche allegazioni e prove fornite dalle parti, tali da giustificare il riequilibrio dell’assetto negoziale nei predetti ulteriori termini.
Per completezza si segnalano anche due decisioni di segno opposto.
La prima proviene da Tribunale di Pisa (ordinanza del 30.6.2020). Secondo il giudice toscano la normativa emergenziale(quella introdotta, come visto, dal DL 18/2020) «non ha affatto introdotto il diritto del conduttore alla sospensione del pagamento del canone locativo nella locazione di immobili destinati ad uso diverso dall’abitazione, ma ha consentito di valutare l’incidenza dell’emergenza sanitaria esclusivamente sotto il profilo della scusabilità dell’inadempimento contrattuale». In parole povere, la riduzione non può operare automaticamente ma deve essere valutata caso per caso.
Il secondo provvedimento, apparentemente dal contenuto ancor più restrittivo, è stato emesso dalla VI Sez. del Tribunale di Roma con ordinanza 45986/2020 del 16.12.2020 (quella, per intenderci, che ha ricevuto ampio risalto mediatico per aver trattato la questione dell’illegittimità dei DPCM). Il caso trattato aveva ad oggetto la richiesta di riduzione del canone da parte del conduttore moroso di un immobile adibito a negozio motivata dalla <<grave crisi scaturita dalla pandemia>>. Il Tribunale è stato di parere contrario.
Secondo il giudice, infatti, il divieto temporaneo di utilizzo del locale imposto dalla normativa emergenziale non <<determina l’impossibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile>>. Non solo. Il giudice ha anche valutato l’incidenza temporale ai fini della determinazione della scusabilità o meno dell’inadempimento:   <<il periodo interessato non è tale da esulare dal cd. rischio di impresa>>.
Come detto, tali ultime decisioni segnalate rappresentano il pensiero sicuramente minoritario di una giurisprudenza, al contrario, largamente incline a tendere una mano ai conduttori in difficoltà.  

In conclusione

L’attuale recrudescenza della curva pandemica dovuta alla scoperta delle cd. varianti sta portando – come è noto – a provvedimenti via, via, più restrittivi, sino a paventare, se non il medesimo fosco scenario vissuto durante quasi tutto il primo semestre dello scorso anno, sicuramente la possibilità di ulteriori limitazioni che avranno modo di incidere significativamente sui rapporti contrattuali in corso.
C’è dunque da ipotizzare che, nei mesi a venire, le corti italiane ritorneranno ripetutamente sull’argomento. In attesa di provvedimenti di legge più chiari e, soprattutto, maggiormente organici.
Stefano Manso

STUDIO STEFANO MANSO  

Via Deledda 74 – 09127 Cagliari (CA) – Italia 
P.I. 02317340921

TELEFONO E MAIL

Tel. +39 070/ 657003 | Mob. + 39 340 3976360- 

avv.manso@gmail.com