Nella vigenza di un rapporto contrattuale avente ad oggetto la locazione di un bene immobile può verificarsi che l’inquilino non adempia i propri obblighi relativi al pagamento del canone di locazione o degli oneri accessori.
Analizziamo quali sono gli strumenti che la legge offre al locatore che si trovi suo malgrado a dover far fronte a questa situazione.
Ai sensi dell’art. 1751 cod. civ. <<la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’atra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo>>.
L’art. 1587 cod. civ. specifica che <<il conduttore deve: 1) prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze; 2) dare il corrispettivo nei termini convenuti.>>
Le leggi speciali pongono poi a carico del conduttore il pagamento degli oneri accessori.
L’obbligazione principale è dunque quella relativa al pagamento del canone, dovuto per il godimento del bene. Incidentalmente, tale obbligo corrispettivo segna la differenza tra il contratto di locazione e quello di comodato, che prevede, al contrario, un godimento gratuito del bene.
Analizziamo quali rimedi sono offerti al proprietario dell’immobile per vedere riconosciuto il proprio diritto al pagamento dei canoni (e degli oneri accessori).
Omesso pagamento canoni: inadempimento di non scarsa importanza.
La morosità è la situazione di ritardo nel pagamento del canone. Si concretizza in un inadempimento, quando la prestazione non viene eseguita alla sua scadenza ovvero quanto non viene eseguita affatto.
Nel diritto italiano, allorché si verifica un inadempimento, in termini generali è possibile domandare giudizialmente la risoluzione del contratto, a condizione che l’inadempimento sia di non scarsa importanza (art. 1455 cod. civ.).
Quando un inadempimento può considerarsi di non scarsa importanza in ambito locatizio?
Nelle locazioni ad uso abitativo, la risposta a tale domanda è agevole, giacché è la legge stessa a fornircela. L’art. 5 L 392-1978 prevede, infatti, che << […] il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista […] costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile.>>
Per le locazioni ad uso diverso dall’abitativo, viceversa, la legge nulla dice in merito a quest’aspetto. Pertanto, nel silenzio normativo, la valutazione sull’inadempimento è rimessa al giudice e, per tale motivo, varia caso per caso. Tendenzialmente, i tribunali considerano l’inadempimento di non scarsa importanza quello in cui la morosità si protrae per almeno due mesi di ritardo nel pagamento del canone.
Pertanto, trascorsi venti giorni dalla scadenza per le locazioni abitative ed almeno due mesi per quelle ad uso diverso, il locatore può rivolgersi ad un avvocato per avviare le pratiche per ottenere la convalida dello sfratto e la risoluzione del contratto.
Il legale, prima di intentare la causa, invierà al conduttore moroso una diffida con la quale lo inviterà a regolarizzare la propria posizione entro un determinato termine. Scaduto infruttuosamente tale termine, procederà giudizialmente. Come?
Lo sfratto per morosità ed il decreto ingiuntivo
Di norma nessun locatore intende mantenere in vita un rapporto con un inquilino moroso, al quale continuamente inviare solleciti o raccomandazioni di puntualità per il futuro. Pertanto, al verificarsi di ipotesi di morosità, si procederà giudizialmente per porre fine al rapporto.
L’azione per risolvere il contratto di locazione per l’inadempimento del conduttore prende il nome di sfratto per morosità.
Competente è il Tribunale del luogo dell’immobile locato.
La procedura riveste i caratteri dell’urgenza e può avere tre diversi esiti:
1) se l’inquilino non compare all’udienza indicata o, seppure comparendo, non si oppone, il Tribunale procederà senza dubbio con la convalida lo sfratto con ordinanza esecutiva (art. 663 c.p.c.), previa attestazione resa a verbale dal legale del locatore circa la persistenza della situazione di morosità.
2) Se il conduttore compare ed oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il Tribunale, dietro istanza del locatore, “pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto” (art. 665 c.p.c.). Il processo prosegue nel merito, previo mutamento del rito da ordinario a speciale (art. 667 c.p.c.);
3) se, viceversa, le eccezioni del conduttore sono fondate su prova scritta, il giudice non emetterà l’ordinanza di rilascio e il procedimento proseguirà nel merito col rito ordinario. L’ordinanza di convalida determina, sul piano sostanziale, la risoluzione del contratto di locazione e su quello processuale, costituisce titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile.
Unitamente alla pronuncia sullo sfratto è possibile, nel medesimo contesto, richiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.
Vi è una particolarità in questa procedura. Il giudice infatti emetterà il decreto non solo per il pagamento dei canoni scaduti ma anche per quelli che andranno a scadere, sino al completamento del rilascio dell’immobile.
Il decreto ingiuntivo senza l’azione di sfratto
Può capitare tuttavia che il recupero del credito relativo ai canoni sia sganciato dall’azione di sfratto.
Questa evenienza può verificarsi quando si voglia ottenere il pagamento senza tuttavia dare luogo alla risoluzione del contratto o quanto, molto più comunemente, il contratto stesso sia giunto alla naturale scadenza ovvero il conduttore abbia esercitato il recesso, senza aver provveduto, in entrambi i casi, al pagamento integrale dei canoni.
In tali ipotesi si potrà agire in sede monitoria per ottenere l’emissione del decreto ingiuntivo, in questo caso evidentemente per i soli canoni scaduti.
A quale giudice deve rivolgersi la domanda?
Abbiamo visto che per l’azione di sfratto sussiste la competenza funzionale del Tribunale del luogo ove si trova l’immobile locato. La competenza è, appunto, funzionale, in quanto esula dal valore della controversia.
Ora, l’azione monitoria ai sensi dell’art. 633 c.p.c., esclusivamente considerata, si propone davanti al Tribunale o davanti al Giudice di Pace, se il valore della causa è, rispettivamente, superiore o inferiore ad € 5.000,00.
Pertanto, in difetto di contestuale proposizione anche dell’azione di sfratto, ci si è chiesti se un decreto ingiuntivo per il pagamento dei soli canoni per un valore complessivo inferiore ad € 5.000,00 andasse comunque richiesto davanti al Tribunale ovvero davanti al Giudice di Pace, competente per valore.
Ebbene, una parte minoritaria della dottrina ritiene che la competenza sia del giudice competente per valore, dunque, come detto, il Giudice di Pace.
Secondo l’orientamento maggioritario che si ritiene di condividere, viceversa, rimane ferma la competenza funzionale del Tribunale, indipendentemente dal valore del’ingiunzione e ciò in ragione della natura del credito ingiunto, che trae comunque la sua origine da un rapporto di locazione.
In tal senso si è anche orientato il pensiero della giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte (da ultimo Cass. Sez. VI 30.7.2019).
Importante sottolineare che l’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo (da proporre entro 40 giorni dalla notifica dello stesso) dovrà essere formulata seguendo il cd. rito del lavoro.
Segnatamente, l’art. 447 bis c.p.c. rinvia alla disciplina del rito del lavoro, con particolare riferimento all’art. 415 c.p.c., che richiede l’instaurazione del giudizio tramite ricorso e non tramite atto di citazione.
In conclusione
Per concludere, per quanto la disciplina locatizia sia tendenzialmente orientata a conferire maggiore tutela al contraente ritenuto debole, il conduttore, in special modo con riferimento alle locazioni ad uso abitativo, nondimeno il proprietario dell’immobile locato dispone di una serie di strumenti procedurali che gli consentono in tempi tutto sommato rapidi di ottenere un titolo esecutivo idoneo a dare impulso all’azione esecutiva per il recupero del credito.
Che poi l’esecuzione risulti satisfattiva o meno dipende, naturalmente, dalla capienza del patrimonio aggredibile del debitore.