Sempre a proposito dell’applicazione pratica della normativa emergenziale, analizziamo il contenuto di un’interessante ordinanza emessa dal Tribunale di Bologna (GU Gattuso) il 7.5.2020.
Premesse – L’art. 3 comma 6 bis del D. L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ha stabilito che «il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti» (il comma è stato inserito dall’art. 91 del D. L. 17 marzo 2020, n.18, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27).
Per dovere di completezza ed a beneficio dei “non addetti ai lavori”, l’art. 1218 c.c. (rubricato “Responsabilità del debitore”) stabilisce che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Il caso – Sulla scorta di tale normativa e lamentando una temporanea difficoltà economica derivante dalla contingenza sanitaria in corso, due società, esercenti – si badi bene – in settore merceologico ritenuto essenziale e dunque non sottoposto a chiusura forzata, hanno presentato ricorso in via d’urgenza al fine di ottenere l’inibitoria nei confronti della banca del pagamento, a favore dei creditori garantiti che avevano fatto domanda di escussione, di una fideiussione a prima richiesta. In particolare, le ricorrenti hanno ritenuto l’iniziativa della parte creditrice contraria ai doveri di correttezza, buona fede e solidarietà sociale.
Il pensiero del Tribunale – Il Tribunale non è stato dello stesso avviso ed ha rigettato la domanda, in forza delle seguenti considerazioni:
a) in tema di rapporti autonomi di garanzia, una simile istanza risulterebbe fondata solo ove la richiesta di escussione fosse connotata del carattere dell'”abusività”, ovvero in “una condizione di radicale carenza” del proprio diritto, circostanza, questa, invero indimostrata nello specifico.
b) in secondo luogo – e per quanto maggiormente interessa in questa sede – la domanda è risultata infondata (anche) poiché la norma emergenziale sopra richiamata fa riferimento “non a una generica impossibilità di adempimento in conseguenza della pandemia, ma alla sopravvenuta impossibilità del debitore di adempiere a causa delle restrizioni su di lui gravanti in quanto impostegli dall’autorità.”
In buona sostanza, il pensiero del Tribunale tiene inevitabilmente (e correttamente) conto del fatto che l’attività, qualificata essenziale, delle ricorrenti non fosse stata inibita dalle restrizioni legali di matrice pandemica.
Specificatamente, il ricorso all’art. 1218 c.c.”presuppone una oggettiva impossibilità della prestazione e non già una mera impossibilità soggettiva di adempiere per mancanza di liquidità.”
Volendo ipotizzare estensivamente che la norma emergenziale annoveri, tra le cause di impossibilità di adempiere, anche “un’improvvisa e imprevedibile carenza assoluta di liquidità”, prosegue il Tribunale, la circostanza è rimasta mera allegazione. Le ricorrenti, infatti, hanno dedotto esclusivamente una condizione di grave difficoltà e non già un impedimento assoluto ad eseguire l’obbligazione.
Questo in quanto la normativa emergenziale non ha inteso riconoscere ai debitori “una moratoria generalizzata a discapito degli interessi creditori” ma ha demandato al giudice la valutazione, caso per caso, da svolgersi “con una prudente valutazione dell’effettiva esigibilità della prestazione.”
Letto da prospettiva opposta, il pensiero del giudice sarebbe stato verosimilmente orientato all’accoglimento della domanda, se la parte ricorrente si fosse trovata nella (dimostrata) totale impossibilità di adempiere, in quanto operante in ambito merceologico sottoposto alle misure draconiane previste dal decreto più volte richiamato.
In conclusione – La legittimità della domanda del debitore volta a far valere “l’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile” (art. 1218 c.c.) sarà agganciata all’esito della valutazione che il giudice verrà, di volta in volta, chiamato a svolgere circa la sussistenza delle condizioni di impossibilità di adempiere o semplice grave difficoltà. In tal senso, sarà dirimente – crediamo – l’indagine sulle caratteristiche dell’attività esercitata dal debitore.
Stefano Manso