Cosa fare in caso di sovraindebitamento ? Scopriamo l’accordo di ristrutturazione.
Chiunque può ritrovarsi in momenti di difficoltà economica, che comportano una crescente incapacità nel far fronte ai propri debiti: arretrato nei pagamenti, calo dei fatturato, repentina perdita del posto di lavoro, imprevisti di varia natura, sono tutte circostanze che possono portare un lavoratore, tanto autonomo che dipendente, a ritrovarsi impantanato in un’esposizione debitoria dalla quale difficilmente riesce a venir fuori senza un sostanzioso aiuto.
Le ipotesi sopra elencate sono tutte sintomatiche della cd. crisi da sovraindebitamento. Esaminiamone nel dettaglio il significato ed i rimedi approntati dalla legge per farvi fronte.
Definizione di Sovraindebitamento
Per sovraindebitamento si intende quella situazione di disequilibrio tra le obbligazioni assunte ed il proprio patrimonio che le può garantire (c.d. ipotesi di insufficienza del patrimonio “liquidabile”) ovvero in una definitiva incapacità di far fronte agli obblighi assunti (c.d. ipotesi di “incapacità” di adempiere).
Quelle appena elencate sono le due ipotesi regolamentate dalla L. n. 3 del 2012 (cd. salva suicidi). I destinatari della normativa in questione sono le persone fisiche e gli enti, riconosciuti o non riconosciuti.
Non è richiesto che il debitore svolga una particolare attività, ragion per cui la portata è ampia: lavoratori autonomi, liberi professionisti, dipendenti, addirittura disoccupati.
Non sfuggirà all’attenzione del lettore più attento come la disciplina in esame non contempli le ipotesi di svolgimento di attività imprenditoriale. Attenzione. Ciò non esclude che il debitore possa (anche) essere imprenditore. Ciò che rileva è che non sia assoggettabile al fallimento, secondo quanto disposto dall’art. 1 della L. n. 267/1942 (Legge Fallimentare)[1].
[1] Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
Sovraindebitamento cos’è e come funzionaRimedi
Vediamo ora quali sono i tre strumenti predisposti dalla legge a favore del soggetto sovraindebitato:
Il Piano del Consumatore: un vero e proprio piano di ristrutturazione, per mezzo del quale il soggetto in difficoltà economica beneficia di una rinegoziazione dell’ammontare e delle scadenze relative ai propri debiti. Il piano è rivolto a favore del solo consumatore (persona fisica che agisce al di fuori della propria attività professionale o imprenditoriale).
L’accordo con i Creditori, di contenuto simile al precedente ma rivolto anche a soggetti diversi dal consumatore.
La Liquidazione del Patrimonio, consistente nella domanda con la quale il privato non fallibile mette a disposizione il proprio patrimonio a copertura dell’esposizione debitoria.
In un precedente intervento abbiamo già avuto modo di esaminare gli aspetti salienti del Piano del Consumatore. Proseguendo in questa breve rassegna, concentriamoci sull’Accordo coi Creditori (detto anche accordo di ristrutturazione dei debiti), già da ora evidenziando che, rispetto al primo, il ruolo del giudice nel presente ambito viene notevolmente ridimensionato, essendo questi – per così dire – degradato a mero ratificatore dell’accordo intervenuto tra creditori e debitore.
L’accordo coi creditori: i soggetti legittimati
In primo luogo occorre focalizzare l’attenzione sui soggetti legittimati a beneficiare della particolare procedura in esame:
Una premessa. L’attuale assetto dell’Accordo, così come disciplinato dalla L. 3/2012 (cd. salva suicidi), verrà parzialmente rivisto dal decreto legislativo n. 14/2019, che, rinvio dopo rinvio, entrerà (forse) in vigore il prossimo primo settembre.
Segnatamente, per quanto attiene il punto specifico, l’art. 74 ha escluso esplicitamente il consumatore dalla possibilità di accedere alla procedura in esame: “i debitori di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), in stato di sovraindebitamento, escluso il consumatore, possono formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando consente di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale”.
Ad oggi il consumatore può ancora beneficiare dell’istituto dell’accordo.
Gli altri soggetti, che tali rimarranno anche sotto la vigenza della normativa di prossima (salvo ulteriori rinvii) entrata in vigore sono:
fideiussori;
professionisti;
piccoli imprenditori (non fallibili);
i soci accomandatari di sas;
gli imprenditori agricoli;
le società̀ “non fallibili” ai sensi dell’art. 1 della legge fallimentare;
le start up “innovative”;
le associazioni e le fondazioni.
Contenuto della proposta di accordo
E’ bene precisare che, come anticipato, contrariamente al piano del consumatore, l’accordo non necessità dell’approvazione del giudice, che sarà comunque chiamato ad omologarlo, ma esclusivamente l’autorizzazione da parte del 60% dei creditori.
Cosa deve prevedere l’accordo?
L’art. 8 della l. 3/2012 ne detta il contenuto:
In primo luogo è lasciata la massima libertà in ordine alle modalità attraverso le quali soddisfare le ragioni dei creditori.
Per ipotesi in cui il debitore non abbia l’autonoma capacità patrimoniale e/o reddituale per assicurare l’attuabilità del piano, sarà necessario l’intervento di terzi garanti.
Nella proposta devono essere rappresentati eventuali elementi ostativi all’accesso al mercato creditizio e finanziario.
Per l’ipotesi in cui il debitore si trovi nella necessità di provvedere al soddisfacimento delle ragioni di creditori estranei al piano, questo può prevedere una moratoria annuale, purché:
sussistano le condizioni per le quali il piano continui ad essere comunque idoneo a garantire il pagamento differito;
l’esecuzione del piano venga curata da un professionista nominato dal giudice;
siano esclusi dalla moratoria i pagamenti di creditori titolari di crediti impignorabili.
Il ruolo del gestore della crisi
Come per il Piano, anche per l’Accordo riveste un ruolo determinante il cd. Gestore della Crisi (o Organismo di Composizione della Crisi – OCC). La Legge n. 3/2012 (art. 7, 1 comma) così recita in proposito: <<Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti […]>>
Incidentalmente, vi è da dire sul punto che non era escluso (per quanto fosse una soluzione meno praticata rispetto all’istanza all’OCC) che la procedura potesse essere avviata anche mediante deposito dell’istanza direttamente davanti al Tribunale, il quale avrebbe poi incaricato l’OCC per l’istruttoria.
Su questo ambiguo doppio binario è intervenuta la Corte di Cassazione che, con ordinanza del 8.8.2017, n. 19740, ha stabilito che il piano vada sempre presentato davanti all’OCC territorialmente competente ove esistente.
Ciò doverosamente chiarito, il Gestore, ricevuta l’istanza, dovrà analizzare la documentazione prodotta dal debitore, l’elenco dei creditori, l’ammontare dei debiti, i beni offerti a garanzia, dichiarazioni dei redditi, le spese correnti del debitore in relazione alle dimensioni del nucleo familiare.
Analizzata la documentazione e svolte le dovute indagini, compito del gestore è quello di svolgere le verifiche fiscali, previdenziali e bancarie.
La procedura
Analogamente a quanto già visto per il Piano del Consumatore, anche la procedura relativa all’accordo di ristrutturazione è regolamentata dall’art. 9 L. 3/2012.
Il ricorso per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione viene depositato presso la Sezione di Volontaria Giurisdizione del Tribunale del luogo dove il debitore ha la residenza o la sede principale. Il costo della procedura è pari ad € 98,00 per il Contributo Unifico, così determinato in misura fissa, indipendentemente dal valore, oltre € 27,00 per la marca forfetaria. La procedura è regolamentata dagli artt. 737 e segg. del c.p.c. (procedimento in camera di consiglio).
Entro tre giorni dal deposito l’OCC dà comunicazione agli enti fiscali.
il Tribunale svolge una preliminare valutazione sull’assenza di atti in fronde ai creditori e sulla sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 7, 8 e 9.
Superato il primo filtro viene fissata con decreto l’udienza (entro gg. 60 dal deposito). Del decreto deve essere data pubblicità ed informati i creditori almeno 30 gg. prima della data indicata per l’udienza.
Ai sensi dell’ art. 9, comma 2, L. 3/2012 l’OCC deve svolgere una relazione riepilogativa e richiedere ai creditori il consenso all’accordo, prestato il quale riceveranno dal OGC una relazione indicante i consensi espressi ed il raggiungimento della percentuale indicata dall’art. 11, 2 comma della medesima legge, così sintetizzabile:
consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti;
sono esclusi i crediti assistiti da pegno ed ipoteca a meno che i creditori non rinuncino al diritto di prelazione;
sono esclusi i crediti relativi al coniuge del debitore, ai suoi parenti ed affini fino al quarto grado, cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta;
sono esclusi i crediti impignorabili che dovranno essere soddisfatti integralmente.
Ai sensi dell’art. 12, entro 10 giorni dal ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare le eventuali contestazioni.
Decorso il suddetto termine dei 10 giorni, l’OCC dovrà trasmettere al giudice la relazione (con eventuali contestazioni) e l’attestazione definitiva di fattibilità.
Si passa a questo punto all fase procedurale vera e propria ed alla successiva omologazione.
Prima di procedere con l’omologazione il giudice, all’udienza indicata, dovrà verificare:
l’insussistenza di atti in frode ai creditori;
la sussistenza della percentuale del 60%;
il pagamento integrale dei crediti impignorabili, nonché dei crediti di cui all’articolo 7, comma 1, terzo periodo (ossia IVA, ritenute e tributi UE);
l’irrilevanza delle eventuali contestazioni dei creditori.
Ove venissero riscontrati atti in frode ai creditori, il giudice dispone la revoca del decreto di avvio del procedimento con ogni conseguenza sulla possibilità che le procedure esecutive vengano riprese.
Superato, viceversa, positivamente il controllo, il giudice omologa l’accordo <<e ne dispone l’immediata pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all’articolo 10, comma 2>>.
Importante evidenziare che, ai sensi dell’art. 12, comma 3 bis, l’omologazione deve avvenire entro 6 mesi dalla presentazione della proposta, vale a dire dal deposito del ricorso. .
Così come per il Piano, anche l’Accordo cessa:
se, entro 90 giorni dalla scadenza, il debitore non esegue integralmente i pagamenti di natura fiscale, previdenziale ed assistenziale.
se il debitore compie atti in frode ai creditori.
Oltre che nei casi di cui sopra, la revoca dell’accordo e la cessazione degli effetti dell’omologazione può essere disposta dal Tribunale, dietro istanza di ciascun creditore, anche quando:
il debitore abbia (con dolo o colpa grave) aumentato o diminuito il passivo, ovvero dissimulata parte rilevante dell’attivo ovvero simulate attività inesistenti.
il debitore non adempia agli obblighi derivanti dal piano ovvero ancora se ometta di costituire le garanzie promesse o se il piano diviene impossibile da eseguire, anche indipendentemente da motivi ascrivibili a colpa del debitore.