Il deposito cauzionale : locazioni, noleggio e utenze domestiche.
Prendete un’automobile a noleggio, sottoscrivete un contratto di locazione di un immobile, attivate una fornitura idrica. Sono tutti schemi contrattuali in cui è prassi che l’altro contraente vi richieda una somma di denaro a titolo di deposito cauzionale.
Di cosa si tratta? Qual è la sua funzione? Come viene regolato? Deve essere restituito?
Procediamo con ordine.
Funzione del deposito cauzionale
Come accennato, il deposito cauzionale si versa al momento della conclusione del contratto. La sua funzione è quella di garantire l’adempimento delle obbligazioni assunte. Può anche eventualmente essere imputato alla somma dovuta a titolo di risarcimento dei danni cagionati al bene oggetto del rapporto contrattuale durante il suo utilizzo.
Ad esempio, in ambito locatizio, garantirà il proprietario da eventuali danni causati all’immobile dall’inquilino. O anche, in occasione del noleggio di un’auto, di una bicicletta, e così via, la somma corrisposta a titolo di deposito andrà a coprire, in tutto o in parte, i danni eventualmente causati al bene noleggiato.
Nei contratti di somministrazione di energia, acqua e gas finalità del deposito è invece quella di fornire una garanzia di regolare pagamento delle bollette.
Avendo ad oggetto un bene fungibile come il denaro il deposito cauzionale può essere ricondotto sotto lo schema del pegno irregolare.
Il deposito cauzionale, ove non imputato in tutto o in parte alla garanzia degli obblighi contrattuali o a copertura di eventuali danni, dovrà essere restituito al termine del rapporto.
Attenzione. In nessun caso il deposito cauzionale deve essere confuso, come, viceversa, talvolta capita, con la caparra confirmatoria.
Contrariamente a quanto si possa ritenere, i due istituti rivestono funzioni profondamente diverse, pur accomunati dal fatto che entrambi si attuano mediante la dazione anticipata di una somma di denaro.
La caparra, infatti, garantisce l’adempimento dell’obbligazione dedotta in contratto ma vale anche quale anticipo sul prezzo.
La caparra trova poi specifica regolamentazione nel codice civile (art. 1385 cod. civ.). Al contrario, l’unica normativa che tratta del deposito cauzionale è quella contenuta nella L. 392/1978 in ambito locatizio.
In particolare: nel contratto di locazione.
Il deposito cauzionale trova la sua massima diffusione nell’ambito dei contratti di locazione immobiliari. Tanto è vero che è solo in materia di locazioni che la disciplina, come sopra accennato, viene espressamente prevista per legge. In particolare, l’art. 11 della legge 392 del 27 luglio 1978 (norma non abrogata dalla L. n. 431/98) così stabilisce: <<il deposito cauzionale non può essere superiore a tre mensilità del canone ed è produttivo di interessi legali che debbono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno>>.
Sia ben chiaro, la legge in alcun modo impone alle parti l’obbligo di prevedere il deposito cauzionale. Tuttavia, ove i contraenti, come (quasi) sempre succede, dovessero determinarsi in tal senso, la legge ne disciplina i limiti nei termini anzidetti.
Relativamente alle locazioni è importante sottolineare che la somma corrisposta dal conduttore a tale titolo ha la funzione di garantire l’obbligo di restituzione del bene oggetto del contratto nello stato in cui questi l’ha ricevuto, così come recita l’art. 1590 cod. civ.
Prova ne sia che nei contratti di locazione le parti sono solite specificare che il deposito cauzionale in alcun modo possa valere “in conto canoni”. Nei fatti, tuttavia, non infrequentemente capita che, qualora alla riconsegna vi siano canoni arretrati e l’immobile venga restituito privo di danni, le parti si accordino per operare la compensazione tra le somme ancora dovute dal conduttore per i canoni e quella già corrisposta all’inizio della rapporto quale deposito cauzionale.
Al di là di tale ipotesi ed attenendosi alla ratio della legge, alla riconsegna, il deposito potrà essere trattenuto dal locatore solo a copertura di eventuali danni cagionati all’immobile da parte dell’inquilino.
In proposito occorre precisare che non tutti i danni possono essere oggetto di risarcimento e dunque imputabili al deposito. Sicuramente non risarcibili sono i danni derivanti dal normale uso del bene locato, nonostante i contrari patti spesso inseriti nel contratto. Come stabilito dalla Suprema Corte, sono nulle le clausole volte ad obbligare il conduttore ad eliminare, prima del rilascio, le conseguenze del deterioramento subito dalla cosa locata per il suo normale uso, trattandosi di spese di ordinaria manutenzione o richieste dal normale degrado d’uso, poste dall’art. 1576 del codice civile a carico del locatore. La norma prevede infatti la nullità di <<ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge.>>
La legge prevede anche che sul deposito cauzionale maturino gli interessi legali “che devono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno“.
Non di rado capita, tuttavia, che le parti in contratto dichiarino infruttifero il deposito.
Ci si è interrogati sulla validità di una clausola di siffatto tenore, in quanto si pone in apparente contrasto con la previsione di cui all’art. 11 L. 392/1978.
La conclusione cui per lo più si giunge è che una clausola simile sia affetta dal vizio della nullità. Lo si ricava dall’art. 79 della medesima L. n. 392/1978, che, come già osservato, sancisce la nullità di <<ogni pattuizione diretta a […] ad attribuire al locatore […] altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge.>>
A dirimere definitivamente la questione, è la giurisprudenza di legittimità, intervenuta per comporre un contrasto sorto per via di alcuni Tribunali che ne avevano, viceversa e non sorprendentemente, ritenuto la legittimità: “L’obbligo del locatore di un immobile urbano, di corrispondere al conduttore gli interessi legali sul deposito cauzionale versato da quest’ultimo ha natura imperativa, in quanto persegue finalità di ordine generale, tutelando il contraente più debole ed impedendo che la cauzione, mediante i frutti percepibili dal locatore, possa tradursi in un incremento del corrispettivo della locazione, con la conseguenza che tali interessi devono essere corrisposti al conduttore anche in difetto di una sua espressa richiesta (Cass. n. 979/1995; n. 9059/2002; n. 12117/2003; n. 23052/2009; n. 16969/2016).
Dal momento in cui cessa il contratto di locazione, viene meno anche la funzione di garanzia propria del deposito, che, per l’effetto, dovrà essere restituito. Il diritto del conduttore al rimborso si prescrive in dieci anni decorrenti dalla riconsegna dell’immobile locato.
In genere il deposito cauzionale si versa in contanti o con assegno o bonifico bancario.
Tuttavia, in relazione ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitativo, soprattutto di immobili di notevoli dimensioni, non è infrequente che la garanzia venga prestata mediante fideiussione bancaria.
Fideiussione che, a differenza del deposito cauzionale in senso stretto, garantisce il corretto adempimento di tutti gli obblighi nascenti in capo al locatore, ivi compreso quello del pagamento dei canoni.
E’, quella della fideiussione, una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti. Per il locatore, in quanto, in tal modo, la garanzia, altrimenti circoscritta, col deposito, alla copertura dei soli danni all’immobile, viene estesa anche al pagamento dei canoni. E, non meno importante, in quanto non si troverà costretto alla fine del rapporto alla restituzione di una somma, maggiorata degli interessi, ricevuta anni prima e, dunque, oramai percepita come propria.
Anche il conduttore trae vantaggio da siffatta soluzione alternativa. Infatti, il sacrificio economico derivante dall’obbligo del pagamento del premio a favore del fideiussore, è abbondantemente compensato dagli evidenti benefici economico finanziari derivanti dal non dovere far fronte ad un esborso in un’unica soluzione per il deposito, che, per immobili di notevoli dimensioni, può tradursi nell’anticipo di diverse migliaia di euro.
In particolare: nel noleggio
Quando si “affitta” un’auto, una bicicletta, un pedalò, qualsiasi altra attrezzatura il contratto concluso tra le parti prende il nome di noleggio.
Il noleggio non è disciplinato espressamente nel codice civile (la sua figura rientra dunque nella categoria dei cd. contratti atipici). Tuttavia, pur anche di espressa previsione normativa, può essere definito come il contratto con cui una parte, detta noleggiatore, consegna e mette a disposizione per un periodo di tempo determinato a favore dell’altra, il noleggiante, un bene mobile, in cambio del pagamento di una somma di denaro.
Ebbene, nel contratto di noleggio, soprattutto quando il bene noleggiato è di ingente valore, come ad esempio un’automobile, è sempre previsto l’obbligo per il noleggiante del versamento del deposito cauzionale a garanzia degli obblighi derivanti dal contratto, ivi compresi quelli (eventuali) risarcitori per i danni che dovessero essere cagionati al bene oggetto del contratto. L’entità della somma da versare a tale titolo è proporzionale al valore del bene e costituisce un valido deterrente da un utilizzo dello stesso non conforme a quello convenuto. In genere l’importo è pari a (quantomeno) quello delle franchigie, vale a dire la somma che l’assicurazione non copre per le ipotesi di danno o furto e che rimane a carico dell’assicurato.